Storia
CENNI STORICI DELLA PARROCCHIA SAN SISTO II
tratti dalla Visita Pastorale di Raffaele Ammirante, Vescovo di Nocera de’ Pagani dal 1871 al 1881
Dalle prime origini di questa Parrocchia e del tempo in cui fu essa stabilita nulla sappiamo, e però nulla possiamo affermare con certezza. La troviamo già di esistere ai tempi dei tre Vescovi, per nome Giovio, i quali ressero la nostra Chiesa nella metà del secolo XVI. Anticamente la Parrocchia era posta nella Chiesa di San Vito, o come altri dicono San Savino, dello stesso casale o villaggio, ora interamente distrutta, e veniva governata da un parroco col titolo di Rettore Curato, e due Cappellani ancor essi curati, o bullati, come si diceva a quei tempi, accennando alle bolle pontificie o episcopali, che loro si spedivano per ricevere l’investitura del benefizio. Con l’andare del tempo, poi, non sappiamo perché la Parrocchia fu trasferita nella Chiesa di San Sisto, dove tuttora si trova.
Questa Parrocchia era una delle più ricche della nostra Diocesi, perché oltre alle rendite sue particolari, aveva altresì quelle lasciate in proprietà alle tre Chiese o grancie, di San Vito o San Savino, di Santa Maria della Carità o di Montevergine, e Sant’Erasmo di Corbara, le quali tutte dipendevano da lei. Sotto il governo di Monsignor Sulpizio Costantini (1582) fu dalla Parrocchia di Barbazzano tolto uno dei tre detti benefizii o grancie, propriamente quello di San Vito o San Savino, ed incorporato al Seminario Diocesano. Ciò non poteva piacere agli abitanti del luogo, e perciò dopo vari reclami fatti ne troviamo nel 1592 revocato dallo stesso Vescovo il decreto già fatto in santa visita, e ordinato che il benefizio in questione tornasse al parroco di Barbazzano a ai successori di lui.
Otto anni appresso ha avuto luogo quel terribile contagio, che tanto desolò queste nostre contrade, e nel quale rimase vittima lo stesso parroco del villaggio. La Parrocchia rimase più anni priva del suo pastore, e la contrada in gran parte deserta dei suoi antichi abitanti. In questo spazio di tempo i tre benefizii riferiti di sopra vennero affatto tolti alla Parrocchia e conferiti a persone ad essa estranee. E per verità quello di Sant’Erasmo dovette rimanere, per quanto crediamo, in vantaggio della Parrocchia di Corbara nel cui territorio esso si trovava, e gli altri due furono dapprima conferiti al cardinale della Santa Romana Chiesa, Erminio De Valentibus, e poi dati sempre ai referendari del Papa. In questo tempo medesimo del 1600 ebbe luogo altresì l’incendio avvenuto nella nostra Curia Vescovile, onde tanti documenti andarono sventuratamente perduti. Per le quali due ragioni, la mancanza cioè del legittimo parroco, e la distruzione di molti necessari documenti, la Parrocchia non potè nei tempi che vennero dopo rivendicare parecchi dei perduti suoi diritti, e ritornare a quello stato di materiale prosperità, che prima godeva.
Dopo i cennati fatti, correndo l’anno 1700, entrò al governo della Parrocchia di San Sisto II il sacerdote don Andrea Longobardi, ed uno dei primi suoi pensieri fu quello di ricorrere alla Santa Sede, affine che dei tre benefizii tolti alla Parrocchia almeno i due, che si trovavano nel territorio di essa, le fossero stati restituiti. La Santa Sede vi annuì, trovata giusta la domanda, ma la sentenza pontificia non ebbe alcun favorevole risultato, perché i beneficiati i quali se ne trovavano in possesso, e tra questi uno era lo stesso Arcidiacono della Cattedrale, don Alfonso Villani, vi si opposero, e dopo varie liti si venne ad un patto di concordia tra esso parroco e i possessori dei due benefizii, onde fu stabilito, che il primo cessando da ogni ulteriore controversia, sarebbe entrato nel possesso dei due benefizii, quando fossero rimasti vacanti o per morte, o per libera risegnazione degli attuali benefiziati.
Nel 1881 era vacante la Cura per morte dell’ultimo suo parroco, don Michelangelo Pignataro, quando il Rettore Curato e i parroci della Chiesa di San Felice in Pagani, non che i due parroci di Corbara e di Rocca (questa Parrocchia già appartenente alla giurisdizione dell’Abate ordinario della Santissima Trinità di Cava, stato soppresso l’Ordine cassinese ed incameratine i beni, era passata fin dal 21 febbraio 1810 a far parte della nostra Diocesi) fecero istanza per ottenere sui beni abbastanza copiosi della Parrocchia di San Sisto II (con appena 250 anime aveva essa una rendita annuale di presso a 550 ducati) che la sua congrua, di che affatto mancava, e chi un aumento su quella che aveva, perché molto scarsa al bisogno. Delle tre istanze la prima fu rigettata, le altre due favorevolmente accolte; e con decreto del dì 31 ottobre 1811 fu stabilito che dalla proprietà della vacante Parrocchia di San Sisto II si desse in beni fondi alla Parrocchia di Corbara la somma di ducati 108 annui, a quella di San Giovanni Battista di Rocca la somma di annui ducati 112, anche in beni fondi, e il rimanente servisse per congrua del futuro parroco, il quale si volle che subito venisse eletto. Tutto fu eseguito.
Cosifatto dismembramento avvenuto senza forma nessuna di regolare processo canonico, si credette lecito dalla civile autorità, sol perché, soppresso il detto Monastero della Santissima Trinità della Cava, da cui per la spirituale giurisdizione dipendeva la riferita Parrocchia di San Giovanni Battista di Rocca ed entrata essa a far parte della nostra Diocesi, parve cosa non isconveniente, che di una parte delle rendite di una pingue Parrocchia si dotasse un’altra povera e bisognosa. Ma non così era veramente, ne così parve al parroco venuto dopo, don Pasquale Pepe, il quale pigliate le redini della parrocchia nel maggio 1812, si pose in possesso dei fondi rimasti alla sua congrua, e tacque fino al ritorno di Ferdinando I Re delle due Sicilie; ma poi usati i debiti provvedimenti per rivendicare i perduti fondi, ottenne con real Rescritto del dì 26 luglio 1828, di rientrare nel legittimo possesso di quanto era stato tolto alla sua Parrocchia e si trovava dato alle due di Corbara e di Rocca. La prima obbedì; l’altra provocò e ottenne un altro nuovo Rescritto in data del 7 novembre 1829, col quale si mantenne nell’acquistato dominio. A quanto abbiam riferito di sopra gioverà aggiungere che nel 1673, per ordine della Curia Vescovile, la Rettoria della Chiesa fu separata dalla Cura delle anime; ma poi con altro decreto della stessa Curia del dì 10 maggio 1703, i due uffizii furono nuovamente riuniti.
Nei passati tempi la Parrocchia fu tenuta essere di diritto patronato degli abitanti del luogo, ma come si è detto antecedentemente di altre parrocchie di questa Diocesi, cosiffatto diritto pel Concordato del 1818, è rimasto del tutto estinto. Piace ricordare per sola notizia il modo, onde dagli abitanti del luogo, si procedeva alla nomina del parroco. Avvenuta la vacanza del benefizio, univasi il così detto parlamento, formato dai capi delle principali famiglie del luogo, e sceltosi di comune accordo fra loro un capo, che aveva nome di governatore, si nominava un soggetto, il quale fosse da quei popolani creduto degno dell’uffizio che doveva esercitare e meritevole della comune fiducia. Ciò fatto, si passava all’approvazione di esso con voti segreti, e quando nel soggetto univasi o la totalità, ovvero la maggioranza dei voti, allora se ne proclamava il nome in quella assemblea o parlamento, e il candidato era presentato al Vescovo, affine che adempiutesi a quanto era dai sacri canoni prescritto, lo avesse investito del parrocchiale benefizio.
L’attuale Parrocchia, mercé le cure di chi la regge, è stata notevolmente migliorata, sia per una più acconcia decorazione del sacro luogo, e sia per quello che le si è aggiunto di più in grandezza, ridonandosele due navi, delle quali una era stata convertita in Oratorio per l’unica Confraternita laicale, che prima era in questo villaggio e ora più non esiste, e l’altra per la maggior sua parte si trovava ancora destinata ad uso di Sacrestia. Contiene quattro altari, dei quali il maggiore dedicato a San Sisto II e i tre minori alla Santissima Trinità, a San Giuseppe e a Santa Filomena. Oltre della Parrocchia non vi è nel villaggio alcuna altra Chiesa o Oratorio sia pubblico sia privato. La Confraternita che anticamente vi era eretta, sotto il titolo della Santissima Trinità, la troviamo esistente tuttavia nel 1832, quando fu formato un accordo tra quei confratelli e il parroco per non turbarsi a vicenda nei rispettivi uffizii che dovevano compiere.
Gli abitanti sono presso a 1000, e tra questi vi sono appena tre sacerdoti.
I libri parrocchiali sono 10; sei dei battezzati e cominciano dall’anno 1602; due dei morti e cominciano dall’anno 1686; due dei matrimoni e hanno principio dell’anno medesimo.